Bruno Ferrara Sardo, Insieme saremo liberi. Part.I
Andare per produttori mi entusiasma: sto in mezzo alla natura, vedo posti autentici fuori dai tragitti battuti, posti ovattati da una coltre di tempo e storia che sembra essersi rappresa attorno a boschi e seminativi.
Coltivo soprattutto quel senso di avventura e scoperta che mi sono sempre stati cari.
Sono una persona fortunata. Ho la possibilità anche di fare incontri, entrare in contatto con persone che oltre ad arricchire la mia conoscenza del Vino mi regalano tanti punti di vista, insomma mi donano un po’ di loro.
Il mio Amore, non passione, per tutto ciò che il vino esprime e racchiude, é certo un punto di incontro importante ma non basta.
Ti puoi trovare davanti ad uno bravo davvero, il suo modo di conduzione e prodotto finito possono essere eccezionali, gli assaggi anche commoventi, eppure senti che ti manca qualcosa.
Posso acquistarlo se mi interessa, lo apprezzerò ma mancherà una componente fondamentale: il ricordo.
Mi sono dilungato per mettere le basi ad un incontro che davvero mi ha lasciato il segno.
Parlerò del Nerello Mascalese dell’Etna e di Bruno Ferrara Sardo, lo farò INSIEME, come la traduzione dal siciliano del suo unico Vino, NZEMMULA.
Per gli assaggi e la spiegazione del titolo che ho scelto vi rimando alla seconda parte dell’articolo.
Namastè Bruno.
COME HA INIZIATO
Il nonno di Bruno era astemio, ma aveva 8 ha di vigneto che vinificava per vendere tutto lo sfuso ai ristoranti.
Quando il nonno non poteva più prendersene cura la terra é stata divisa tra 4 famiglie.
C’é da dire che vari ettari erano vicino al fiume Alcantara dove la vigna è stata espiantata a causa del terreno argilloso poco produttivo e di bassa qualità.
Il padre tiene una porzione di vigna che ha piantato suo padre a sua volta attorno al 1950 su un suolo completamente diverso: toglie l’alberello a causa dell’alta manodopera, allevandolo in una sorta di alberello in controspalliera (cordone speronato).
Su questa vigna ereditata Bruno realizza la sua unica etichetta.
In aggiunta, va detto, ci sono 3000mq di Nerello storico a piede franco ormai poco produttivo dove vuol farci un giardino con ortaggi e aromatiche, un passatempo per quando sarà vecchio.
Bruno è un viticoltore atipico: vive in Toscana, é istruttore del metodo Feldenkrais, ma si riesce a programmare bene. Ogni due mesi comunque torna in vigna.
Anche Bruno inizia a vendere lo sfuso, ma si porta qualche bottiglia in Toscana da portare anche a cena da amici dove nota che sono le prime ad essere finite, a dispetto delle altre bottiglie blasonate presenti.
Con orgoglio etneo capisce che ai complimenti deve seguire altro, spingersi oltre per dare identità alla sua terra: ed é cosi che nel 2012 esce la sua prima etichetta.
Ha luce negli occhi quando parla di vino, due occhi azzurri piantati tra i filari ed il cielo:
L’invaiatura deve ancora partire, è un vitigno tardivo il Nerello che si vendemmia a metà Ottobre. Il clima dell’Etna è prezioso.
TERRENO
Siamo a Randazzo, in pieno versante nord ed in piena DOC.
La DOC del versante nord è tra 600 e 900 m. Fuori dalla DOC il terreno è comunque vulcanico ma le altezze aumentano e non tutti gli anni si arriva a maturazione.
La convivenza col vulcano attivo più alto d’Europa è un pegno che si paga per vivere in un posto davvero stupendo.
Nella colata del 1981, mi racconta, la lava camminava a 8 km/h, il nonno torna piangendo tenendo in mano un arbusto carbonizzato, dice che sarebbe rimasta solo antracite.
La colata a 100 m dai vigneti devia per il fiume Alcantara, scollina senza fare diga e quindi distruggere le vigne.
La madre di Bruno, che ha fatto la guerra, dice al figlio di tornare a dormire.
Come in tutto l’ETNA i terreni cambiano da km a km a seconda soprattutto delle colate che li hanno interessati.
Diverse colate stratificate, diverse composizioni, un ambiente estremamente eterogeneo.
Il terreno di Bruno è tutto vulcanico su una colata di 90000 anni fa.
Il terreno cambia non solo per età delle colate ma perché provenienti da eruzioni diverse ,che arrivano da camere magmatiche diverse e profondità diverse ed hanno composizioni chimiche diverse.
Lave basaltiche, piroclasti, bombe eruttive, pomice, scorie, lapilli e ceneri.
Quando negli anni 50 hanno creato l’ettaro di campo, da un metro sotto terra tiravano fuori massicci che hanno dovuto frantumare con le mine. Nessuno qui é mai riuscito ad espiantare completamente una vite.
IN VIGNA
Il vento che senti tirare forte è lo Scirocco.
Non c’è influsso marino sul versante nord e quindi esiste una grande escursione termica( da 40 C a 29 C d’estate).
Bruno ha un ettaro in piano, non ha terrazzamenti come altri in zona che devono condurre la vigna imbragandosi.
Camminando tra i filari ti sembra di pestare della gommapiuma ,il terreno è soffice in superficie.
Al di fuori di pochissime piante di Nerello Cappuccio ,che i vecchi piantavano per la sua nota fruttata, é tutto Nerello Mascalese a cordone speronato che sta potando a Simonit per stendere l’impostazione iniziale dell’alberello speronato.
Gestisce la vigna dal 1993 ed ha abolito ogni forma di chimica dimezzando la produzione da 100 qli a 50 qli/ha. 5000 bottiglie. Resa massima del 70pc.
Usa ripper in centro filare poi esegue una scalzatura sotto vigna per eliminare l’apparato radicale superficiale che darebbe stress idrico in estate su terreno lavico.
Con la lavorazione sottofilare non usa concimi perché comunque la popolazione di animaletti é nascosta sotto terra.
Il Nerello ha le malattie più comuni (Oidio e Peronospera). In tempi andati dopo Ferragosto finiva l’estate ed arrivava la pioggia con marciumi e botriti adesso dimenticate. Negli ultimi anni un po’ di Tignoletta che tiene a bada con trappole.
Il Nerello é un vitigno tardivo, fatica ad arrivare a maturazione a questa altezza se non viene diraspato.
Per evitare tannini lignei Bruno diraspa ad inizio invaiatura, ma tutto dipende dal clima: quest’anno durante la mia visita i grappoli sono ancora sulle piante.
Non fa trattamenti preventivi ma solo se serve.
Quest’anno ha fatto due soli trattamenti: 200 l ad ettaro con 300-400 grammi di rame e zolfo.
Non si inerba per pericolo di incendi ma comunque non é questo il territorio adatto: se le radici salgono sia lo stress idrico che le temperature rigidi invernali farebbero soffrire la vigna .
Eppure sull’Etna piove. Ma l’acqua si accumula in sacche a 100 m di profondità perché in superficie i sassi sono fortemente drenanti.
La vendemmi é a metà Ottobre; mi dice che comunque gli appare in sogno un paio di giorni prima.
Servono quindici persone dalle 7 di mattina fino a sera. La definisce una vendemmia zen: stacchi e pulisci il grappolo, a volte i vendemmiatori devono dormire in loco.
IN CANTINA
Bruno non ha una cantina propria, si appoggia ad altri, dal 2016 é nel paesino di Linguaglossa da Vivera.
La fermentazione é spontanea e dura circa due settimane con altrettanta macerazione.
Nessun controllo di temperatura.
Non usa solforosa aggiunta: il terreno vulcanico ha già zolfo di suo. Il 2006 ha 0,9 mg/l di solforosa! Le analisi le fa fare in Toscana in un laboratorio dedicato, i normali laboratori non hanno macchinari per misurare solforose così basse.
Un paio di giorni dopo lo zero tecnico, svina in un tino fino all’imbottigliamento. Non esegue travasi perché vuole che si arricchisca dell’odore delle fecce.
Fa batonnage ed avesse una cantina sua eseguirebbe rimontaggi.
Appoggiandosi in cantina il suo vino affina solo in acciaio, ha fatto prove con botti sfinite che non l’hanno convinto perché ci sentiva comunque legno.
Fa almeno 12 mesi di acciaio. Lo lascerebbe di più, dice, ma bisogna pur campare e quindi va in commercio.
Bruno dice che il Nerello assomiglia al Nebbiolo o i grandi Cesanese nelle annate migliori.
Per gli assaggi vi rimando alla seconda parte dell’articolo.