la Radicalitá ancora vive e crea Vino: Cá dei Quattro Archi
“Per comprendere l’anima romagnola bisognerebbe risalire nei secoli e si desumerebbe una continuitá rettilinea nei caratteri di questa gente.Individualismo,insofferenza di ogni oppressione,profonditá di sentimenti,impulsi quasi primitivi di chi non é stato contaminato dalle lunghe dominazioni nemiche.
Cosi’ Torquato Nanni,saggista e storico socialista di inizio secolo scorso, descrive la Romagnolitá e sebbene lontani da quei toni accesi da Italia appena nata,penso che questa sia una bella definizione e faccia capire anche l’intraprendenza e coraggio di questa zona d’Italia fatta di gente schietta e diretta,sagace e divertente.
C’é un’indole non sovversiva ma radicale che serpeggia tra queste colline,la reminescenza della tradizione che conduce a perseguire le proprie idee ,la forza e coraggio che portano a visioni moderne,ad un nuovo stile di pensiero.
Benvenuti dunque a Ca’dei Quattro Archi,mettetevi in fila e seguite per la cantina dove la Radicalitá ancora vive e crea Vino.
Mauro e Rita,marito e moglie,agronomo ed enologa erano due professionisti staccati dal mestiere di produttori e viticoltori in una vita precedente.Il papá di Rita aveva un ettaro nelle colline tra Imola e Codrignano,una bella zona pulita dove si coltiva anche l’ulivo e poco piu’a valle il fiume Santerno.Rita deve essere cresciuta tra vasche ,tini, botti ed il caldo ronzio delle cicale che accompagnano l’invaiatura degli acini.
la Vite l’ha seguita ed infine traghettata alla sua seconda vita ;e con lei suo marito.
Tutto inizia a ridosso del 2000:suo padre sta poco bene e per scherzo invece di affittarla la terra iniziano a coltivarla quasi per scherzo e a fare Vino.Vogliono produrre vini del loro territorio ma vogliono portare idee nuove,penso io,perché si certificano a conduzione biologica con ICEA da subito
Il podere del padre di un ettaro soltanto ha un corpo vecchio composto da vigne di 70 anni di sangiovese acino grosso, trebbiano ed albana, mischiati a due filari tra biancame e bianchella :antichi autoctoni salvati dall’oblio.Il biancame ha un succo incredibile, svina molto ,ha un grande profumo ma fa soli 10,5 gradi .L’albana e’vinificata in purezza per il Mezzelune mentre i restanti uvaggi assieme ad altre porzioni di albana e trebbiano da loro prodotte altrove producono il Ligreza.La restante porzione di campo ad imola e’stata impiantata 20 anni fa a Sangiovese.
La prima produzione e’del 2001,annata strepitosa,un vino di grandissima sostanza e carattere che tuttavia fatica ad esprimersi a causa di una rusticitá accesa.Rita non ci sta e nel 2001 si iscrive ad enologia,si laurea nel 2003 e da qui inizia l’ascesa.
Iniziano la ricerca di un secondo terreno ,lo vogliono particolare,e lo trovano vicino a Borgo Tossignano:il campo scelto é di 4 ha ed e’totalmente non sfruttato,non e’condizionato da chimica di sintesi ed e’quindi un terreno puro.
La cosa stupefacente e che rende l’idea della visione di questi produttori e’che i terreni attorno a Borgo Tossignano sono Calanchi!
Argilla azzurra ed una quantitá elevatissima di calcare,un terreno ai limiti della fertilitá.
Ma Rita sa esattamente cosa ha in testa:sceglie 7 diversi cloni di sangiovese e come portainnesti il 420a ed il 110 Richter per valorizzare il terroir,scelte davvero estreme ed in controtendenza.
Impianta anche Cabernet e Merlot.Su 4 ha ,3,5 sono a rosso mentre il restante ad Albana e Trebbiano.
Questo terreno estremo infonde muscolarita’ai vini che viene bilanciata dalle produzioni sul primo terreno piu’fresco composto da argille e venature di sabbia gialla capaci di dare eleganza.La fortuna sono quindi questi due diversi terreni :i campi e le diverse porzioni hanno raccolte differenziate e dalla vinificazione alla maturazione sono tenute distinte per permettere successivamente l’assemblaggio .Per il Sangiovese sono circa 7 partite distinte che solo al Maggio successivo si deciderá a che tipologia di sangiovese concorreranno(Tajavent,Borgo di Nola)
Vinificazione
in cantina solo fermentazioni esclusivamente spontanee, senza pied de cuve, nessun controllo della temperatura, nessuna pressata, nessuna filtrazione e nessun coadiuvante enologico.Solo uva,ancora uva e solo uva.
I mosti vengono vinificati in acciao e solo per il Tajavent la successiva maturazione per massimo 10 mesi e’in barrique di quinto passaggio.
Mauro si definisce un pratico,metodico e schematico ,é la coltivazione dei campi dove meglio si esprime.Parla con grandissimo rispetto di Rita che ha saputo prendere decisioni di un coraggio estremo ,la definisce il cervello della cantina
lei ha visione,e’creativa e la cantina e’il suo mondo dove meglio si esprime:l’uva e’la mia,ma il Vino é il suo.
Certo che di strada ne hanno fatta tanta e non sono mancate le discussioni,come quando nel 2010 abbandonarono i lieviti selezionati per i soli indigeni.Dal 2011 la vinificazione é spontanea senza inoculazione,senza pressature e filtrazioni,senza controllo di temperatura. Tutto é affidato ai soli lieviti indigeni :prima gli apiculati, che Mauro definisce la vera identitá del territorio,poi ai vari saccaromyces.
I lieviti apiculati non tollerano oltrei il 4% di alcol,e sebbene decadano velocemente sono i responsabili di prodotti secondari non graditi,tra cui l’acido acetico.
L’inoculzione e la perdita di apiculati permetterebbe percezioni piú definite,piú precise va detto,tuttavia i vini di Ca’dei Quattro Archi ricercano in veritá qualcosa che ti faccia stupire,ti emozioni:i profumi ed il gusto sono un caledoscopio di note dove una leggera volatile a mio parere non disturba affatto,anzi :serve per scomporre i sapori in bocca e regalarti un frutto che si schiude,esatto momento di esaltazione della vita del vino.
L’identitá é la cosa piú radicale che hanno e faccio davvero fatica a non aprire una bottiglia di Tajavent mentre vi scrivo,del resto sono solo in casa ed é Domenica sera.
Il percorso di miglioramento e sperimentzione é continuo ed il Mezzelune ne é un esempio:il suo processo é iniziato 15 anni fa con la criomacerazione,poi Rita ne ebbe a basta di produrre anidride carbonica e inizió una macerazione di 5 giorni,poi 7,poi 11.Il 2016 fa 55 giorni a contatto con le bucce,incredibile!
VINI
Quello che mi piace e’il loro dinamismo,vini che evolvono,sono mutevoli da un sorso all’altro quindi non dovete avere fretta:non sono vini che stappati si accontentano di essere ossigenati nel bicchiere,quindi fateli respirare.Sono vini che riprendono la tradizione della macerazione:vini pieni e magmatici.
TAJAVENT 2014:sangiovese in purezza,maturazione finale in barique esausta.Se il 2014 e’stata un’annata fredda e senza sole leggetelo negli annuari:questo Tajavent porta la muscolaritá dei calanchi a 14,5 gradi,un vino caldo e complesso con la viola che al naso gioca coll’odore di terra e funghi,un vino veramente viscerale e senza tempo che in bocca si spande fresco e giustamente sapido per un finale appena amaricante che ne prolunga la bevuta.Originale e vero,per ora uno dei sangiovesi piú autentici che abbia assaggiato.
MEZZELUNE 2016: solo acciaio:colore mellifluo,un metamorfico capace di cambiare pelle:ho assaggiato una bottiglia aperta un giorno prima ed una aperta dal 15 Dicembre e decisamente il piú pronto era il primo:albicocca matura,una buona aciditá sottesa da un tannino percettibile.
La seconda bottiglia aveva un vino piu’lento nel concedersi,paradossalmente aveva quasi bisogno di aprirsi e le note erano piu’speziate,molto complesso.
E’un vino che puó accompagnare carni e formaggi.
A Mauro fa arrabbiare che gli abbiano tolto la DOCG,il panel test non ha capito questo vino,ha reputato impensabile che un albana potesse esprimersi cosí,del resto spesso per aumentarne la complessitá in queste zone lo si raccoglie in autunno inoltrato,attaccato da botrite e non si prolunga la macerazione.
Non si e’valorizzato un territorio ed un vitigno che e’solo romagnolo!
Il Mezzelune va a ruba peró in Italia come all’estero.
BORGO DI NOLA: solo acciaio:Sangiovese 80%,Cabernet e Merlot per il 20%.Non assaggiato
SASSDEL: e’il bordolese prodotto da sole uve dei calanchi.Mauro me ne ha regalato una bottiglia che devo ancora sentire,mi dice che se il TAJAVENT é un’onda sinuosa ed elegante allora il SASSDEL e’onda impetuosa,un vino muscolare quasi fosse un culturista
LIGREZA:uvaggio di Albana ,Trebbiano e autoctoni(Blancame,Bianchella)
IDENTITÁ
Per capire piú a fondo l’identitá di Ca’dei Quattro Archi va detto che il terreno viene coltivato con soli mezzi cingolati ,un trattore gommato compatterebbe e soffocherebbe il terreno, la terra non potrebbe respirare e si perderebbero nelle tracce l’alto numero di spontanee che crescono tra i filari:” la terra qui é permalosa perché argillosa”.
‘Il nostro sogno è di inventare farmaci per gente sana’, è la celebra frase detta da Henry Gadsen, Direttore Generale della multinazionale farmaceutica Merck.Con questa frase Mauro che era giá animato sobbalza sulla sedia:
“Cosí l’industria farmaceutica e l’industria del vino rimuovono i sintomi,non le cause della malattia.Noi usiamo in 5 ettari la quantitá di zolfo/rame che il disciplinare ammetterebbe per singolo ettaro.
Abbiamo biodiversitá,rispettando la flora spontanea creiamo naturalmente le condizioni per avere una fauna di insetti che aiutano la salute delle vigne.L’industria agronomica ti permette di comprare tutto,vuoi la coccinella?Eccoti la coccinella,ma cosa te ne fai se l’ambiente non é in equilibrio?
Ci vuole coerenza!Come fa un’azienda che produce vino industriale a parlare di vino biologico?E’sconveniente che questi produttori dicano come producano il vino,che lieviti selezionati usino,con cosa chiarifichino,che enzimi vadano artificialmente a mettere nel vino.Se lo facessero la gente potrebbe credere che il vino non sia altro che una bibita.
Il Vino deve avere una corrispondenza con le annate,poi aggiungi sapere come lavori e dove lavori;ecco che tu rispetti il Vino perché lo ritrovi nel gusto”.
Quello che sostiene non e’una veritá fatta e pronta:ognuno é libero di fare vino come crede,il mercato é grande e quindi é impensabile che si vogliano solo vini artigianali,ci devono essere anche vini fatti magari industrialmente,ma tutt’altra cosa e’rispettare la tipicitá e questo puó solo avvenire con naturalitá.
É incredibile come il fatto che questi vini artigianali non necessitino coadiuvanti in cantina sia capito maggiormente da paesi che non producono vino.
Nel campo vengono usati trattamenti con equiseto,aglio,assenzio,ortica.L’inerbimento comprende achillacea,borraggine e vengono seminati a spaglio semi di veccia(leguminosa) per fissare l’azoto.
Mauro ha tante informazioni,legge molto,si informa,studia:parla della “rivoluzione del filo di paglia” di Masanobu Fukuoka,degli articoli di Massimiliano Montes su gustodivino.it. e molto altro,mi fermerei ancora ma so che non sará l’ultimo incontro.
…Per concludere
Una viticoltura intrasigente e rigorosa ( si occupano di ogni singola operazione in vigna ed in cantina senza l’apporto di alcun consulente), sana e rispettosa, che accetta la natura con i suoi ritmi, senza nessun utilizzo di prodotti di sintesi e nessuna ingerenza in cantina .
Mauro ha una voce squillante,é vivace ,quasi esuberante,per farci conoscere i suoi vini ha lasciato la faraona che stava preparando a pranzo.Speriamo che Rita abbia apprezzato e che lui si sia rifatto dopo! Gli chiedo una foto davanti ai filari:”Fanne molte che in foto vengo sempre con delle facce strane…”.Scusa Mauro,questa é la migliore!